Black Lives Matter

Il progetto è collegato alla nascita ed al diffondersi del movimento “Black Lives Matters”, nato all’interno della comunità afroamericana ma con una risonanza ormai globale, ed impegnato nella lotta contro il razzismo. L’obiettivo era quello di mettere in risalto sentimenti come l’oppressione o l’ansia, evidenziando allo stesso tempo l’importanza di un senso di comunità, che sia in grado di farci sentire in simbiosi con il prossimo. Le manifestazioni, i cori, gli striscioni, i cartelli, sono stati tutti elementi di ispirazione per il progetto, che ha recuperato quattro frasi tipiche di questo movimento, trasformandole negli slogan principali di ognuno dei poster della collezione.

    Future   Racism   Social Distress  

Nicole Flachi

Nata a Firenze nel 1996 da padre fiorentino e madre dominicana. Questa doppia identità le ha sempre permesso di vedere le cose da più punti di vista, tant’è che molto spesso si ritrova a discutere con se stessa. Da piccola si diverte a costruire capanne con aghi di pino e a modificare la disposizione della propria cameretta: è in quel momento che comprende quale sarebbe stata la sua strada. Uscita dal Liceo Artistico Leon Battista Alberti, si iscrive al corso di Disegno Industriale dell'Università di Firenze, dove si laurea nel 2019. Consapevole di avere ancora molto da imparare, decide di continuare gli studi iscrivendosi alla Magistrale di Design. Quando non è incollata allo schermo di un computer, si dedica alle sue più grandi passioni: il canto, che studia da più di 10 anni, e la moda, a cui dedica giusto il tempo necessario per creare vestiti che indosserà solo lei.
I Can't Breathe I Can't Breathe

George Floyd era un afroamericano residente a Minneapolis, ucciso da un poliziotto che lo ha dapprima immobilizzato e poi soffocato a causa della pressione del proprio ginocchio. Il poster vuole ripercorrere gli ultimi momenti di vita del protagonista: la scritta “I can’t breathe”, nera ed in primo piano, dona forza all’immagine e proietta l’osservatore direttamente sulla scena del crimine. In secondo piano, l’immagine di un poliziotto è sfocata e rafforzata da una ulteriore immagine posta sopra. Infine, sullo sfondo, è presente la stessa immagine del poliziotto, ma con una opacità minima, per ricreare quella sensazione di offuscamento della vista tipica di quando perdiamo i sensi.

Am I Next Am I Next

Tutti possono essere vittime e tutti allo stesso modo possono essere inconsapevolmente “carnefici”, perché è sufficiente un messaggio, una presa in giro, magari ritenuta innocua, per far partire una serie di conseguenze che possano produrre molti danni. Bisogna guardare in faccia la realtà: la società si nutre della paura delle persone. Si dice che a volte uno sguardo valga più di mille parole: gli occhi rassegnati del soggetto urlano paura: “sono io la prossima vittima?” La sua espressione diventa il focus principale della composizione, con la frase che diventa l’eco di quell’urlo di paura.

Silence Is Betrayal Silence Is Betrayal

Il più grande complice della violenza è il silenzio, un silenzio che ogni anno è capace di uccidere o causare invalidità permanenti più di quanto possano fare malattie e incidenti. La violenza è un cancro sociale che non conosce confini né status sociali, può colpire chiunque. Per sconfiggerlo è necessario l’antidoto della cultura, educando e sensibilizzando i giovani al rispetto e alla parità. La scritta, creata con il tratto di un dito, si ispira alla pittura corporea, che è stata una delle prime forme di esperienza artistica, utilizzata da molte tribù per rendersi riconoscibili e trasmettere la propria identità.

Say Their Names Say Their Names

La fine del percorso è un manifesto per ricordare le vittime del razzismo. Queste persone avevano una famiglia, amici e soprattutto un nome, un’identità. Il pugno chiuso è il simbolo del movimento “Black Lives Matter”, mentre la scritta “Say their names” ricorda appunto quanto sia fondamentale non dimenticare l’identità delle vittime. I nomi di alcune di loro compaiono nel poster e sono scritte in font calligrafico, come delle firme, per sottolineare come esse, passando per questa vita, abbiano lasciato il proprio segno.