I can't breath

Quello di George Floyd è stato solo l’ultimo, e il più sponsorizzato mediaticamente, esempio di violenza di matrice razzista. Nonostante le grandi polemiche nate da questa notizia, ogni giorno si verificano episodi simili in ogni parte del mondo. “I can’t breathe” è la frase che George gridava poiché senza respiro, mentre veniva schiacciato dal peso di un agente di polizia che lo stava bloccando. “I can’t breathe” è anche la frase che in molti, dopo l’accaduto, hanno urlato in strada in segno di protesta e di ricordo per ciò che era successo a George e a tanti come lui. “I cant’t breathe” perché sentire che nel XXI secolo succedono ancora questi episodi, lascia senza respiro.

    Isolation   Social Distress   Racism  

Alessandro Fossi

Nato il 21/07/1998 a Benevento, una piccola città della Campania. Nonostante sia sempre stato, sin da bambino, appassionato e portato per il disegno, inizia frequentando il Liceo Scientifico. Iscrivendosi all’università riesce finalmente a conciliare le proprie passioni con il proprio percorso di studi, e con quello che sarà il suo futuro lavoro. Il percorso universitario, iniziato a Pescara, sta proseguendo a Firenze, dove frequenta il Corso di Laurea Magistrale in Design.
I can't breath I can't breath

Ogni giorno in ogni parte del mondo, negli Stati Uniti in particolare, assistiamo a episodi di violenza di matrice razzista. Quello di George Floyd è stato l'episodio più recente, e l'uomo, ucciso barbaramente da un poliziotto è divenuto il simbolo della lotta contro il razzismo. "I can't breath" è la frase che George gridava, poiché senza respiro, mentre veniva schiacciato dal peso dell'agente che lo stava bloccando. Le lettere sono deformate e spezzate, come la vita di George, mentre lo sfondo vuole ricordare la sofferenza provata dall'uomo durante i suoi ultimi 8 minuti di vita.

Zero tolerance for racism Zero tolerance for racism

La brutale uccisione di George Floyd ha scandalizzato il mondo, che finalmente si è accorto di quanto sia ancora radicato e presente l’odio razziale. Migliaia di persone si sono riunite nei giorni successivi, sia in America che in molti altri Stati del mondo, per protestare contro l’uccisione dell’uomo e contro la disparità ancora esistente tra i bianchi e le persone di diversa etnia. Molte persone si sono inginocchiate, altre hanno manifestato sdraiandosi, assumendo la posizione in cui era immobilizzato George. Tutte queste manifestazioni sono state unite da un grido comune: “Uguaglianza”

No place for hate No place for hate

Negli Stati Uniti le manifestazioni sono proseguite anche molti giorni dopo rispetto all’episodio, con gli afroamericani che hanno continuato a protestare non solo per ottenere giustizia per George Floyd, ma soprattutto per rivendicare i propri diritti. Molte di queste manifestazioni sono avvenute in modo pacifico, tant’è che spesso i bambini sono diventati i veri protagonisti della protesta, con la loro dolcezza ed ingenuità, ma anche con grande fermezza nel chiedere di porre fine al razzismo.

Stop Stop

È il momento di fermarsi a riflettere sull’ingiusta condizione che tantissime persone si trovano a vivere quotidianamente a causa del colore della propria pelle. Basta con l’odio, basta con il razzismo e basta con le ingiustizie. Perché sentire che nel XXI secolo succedono ancora questi episodi, lascia davvero senza respiro.